Mister Cardenuto analizza l’avventura del CUS volley femminile nella Coppa Italia Serie D, interrotasi ai quarti di finale della Fase Regionale.
Smaltita la delusione per l’eliminazione ad opera del Volley World? Sconfitta inevitabile? Troppa differenza tecnica tra le due squadre?
“La squadra che abbiamo incontrato era una squadra ben messa in campo con diverse individualità importanti, che hanno fatto la differenza soprattutto nella partita disputata a Capua. Poi, sai, è sempre difficile comprendere dove finisce la bravura dell’avversario e dove comincia il demerito nostro. Io credo che comunque siamo stati condizionati negativamente dall’assenza del libero, forse troppo, perché dopo l’infortunio occorso a Valeria (Gentile, ndr) giocare con i centrali in difesa non è stato proprio il massimo… Oltretutto nella gara di ritorno, a Napoli, siamo stati costretti, per compensare il deficit e allegerire il compito difensivo, a forzare un po’ la battuta, con la conseguenza di commettere qualche errore in più. Ma purtroppo non abbiamo ottenuto quello che speravamo, e forse possiamo dire che non credevamo fino in fondo alla possibilità di ribaltare il risultato”.
Alla luce del risultato negativo, potendola rigiocare, rifaresti le stesse scelte? In particolar modo, schiereresti dall’inizio il libero di riserva, Monaco, che una volta in campo ha ben figurato?
“Bisogna rendersi conto che sono due tipologie di giocatrici diverse. Valeria (Gentile, ndr) oltre a essere una giocatrice è anche punto di riferimento della squadra, perché le ragazze in campo si sentono più tranquille con lei in difesa. Serena (Monaco, ndr), pur con tutta la buona volontà, non credo possa offrire queste garanzie. Inoltre in ricezione sono completamente diverse… poi, ovviamente, rientriamo nell’ambito delle valutazioni dell’allenatore, e questa scelta in particolare la rifarei ancora, ma, ci tengo a precisare, non per sfiducia aprioristica nei confronti di Serena, ma perché obiettivamente, se facessimo uno scout, verrebbero fuori delle statistiche completamente diverse…”.
Ti chiedo un giudizio generale sull’avventura delle ragazze in questa Coppa Italia Serie D.
“All’inizio del torneo avevamo fatto tutti una scommessa, che era quella di portare a termine il torneo stesso, visto il perdurare dell’emergenza-Covid. E possiamo dire che grazie anche alla società, che ha rispettato rigorosamente il protocollo anti-Covid imposto dalla FIPAV, effettuando tamponi con cadenza regolare e autoresponsabilizzandoci ad ogni passo, atteggiamento che purtroppo, e sottolineo purtroppo, non ho riscontrato in altre società, alla fine ce l’abbiamo fatta. In particolare mi ha colpito l’approccio iper-responsabile delle ragazze, che anche nel corso delle partite hanno indossato la mascherina tecnica, il cui utilizzo non era invece obbligatorio. Non escluderei che le nostre rese in campo possano essere state condizionate anche dalla ridotta respirazione. Però, ripeto, abbiamo scelto la sicurezza e l’autoresponsabilità, anche a discapito del risultato, scelta difesa e portata avanti fino alla fine”.
Sul piano strettamente tecnico quali sono stati gli aspetti che ti hanno soddisfatto di più?
“Ad aprile, quando si è deciso di prendere parte alla competizione, c’era sì la speranza di accedere ai play-off, ma abbiamo fatto in modo di arrivarci lavorando molto, come sempre, sulla battuta, e le mie rilevazioni certificano che questo approccio ha creato non pochi problemi alle nostre avversarie, che faticavano a organizzare controffensive degne di nota. Tra l’altro, molte delle nostre ragazze non avevano mai giocato in Serie D, scartate in passato da chi le riteneva inadatte per la categoria. Ebbene, credo che questa Coppa Italia abbia dimostrato l’esatto contrario”.
Invece cosa ti è piacuto meno?
“Noi risentiamo del fatto che le ragazze provengono da diverse realtà, quindi sul piano tecnico hanno un’impostazione diversa l’una dall’altra. Lungi da me volerle uniformare, però il fatto di poter portare il fondamentale a una resa massima è un obiettivo che, in quanto allenatore, mi spetta, è un dovere. Durante il torneo forse la cosa che mi è piaciuta meno è stata la copertura alla propria schiacciatrice. Ma mi rendo conto che questo può essere dipeso anche da una condizione fisica non ottimale. Avendo cominciato appena il 13 aprile, con una competizione che sarebbe iniziata da lì a 15 giorni, siamo stati costretti a fare delle scelte, privilegiando, oltre alla battuta, l’affiatamento della squadra piuttosto che la preparazione fisica. Probabilmente abbiamo pagato questo, ma diversamente non avremmo potuto fare, visto che ci siamo confrontati con delle squadre che, avendo in rosa ragazze giovani, hanno potuto contare su una preparazione più a lungo termine, dal momento che il protocollo anti-Covid lasciava maggiore libertà, sin da gennaio, alle rappresentative giovanili, ritenute di interesse nazionale”.
A cura di Luigi Fattore
®Riproduzione Riservata