Il protagonista della chiacchierata di oggi è Giuseppe De Lucia, libero del CUS volley, un tipo all’apparenza riservato ma che in realtà si è dimostrato un gran conversatore raccontandoci tante cose di sé. A partire dalla “mission” di difendere l’importanza del suo ruolo.
Giuseppe, si può dire che quella con Cellole sia stata la tua migliore partita stagionale? Ho visto che ti sei dato da fare sia in ricezione che con le alzate.
“A dire il vero, non credo che la partita contro Cellole sia stata una delle mie migliori prestazioni, né mia né collettiva, se non per gli ingressi fondamentali di Piero (Albano, ndr) e Christian (Evangelista, ndr) che ci hanno agevolato il compito. Senza dubbio era una partita da vincere 3-0, sia per il percorso che aveva fatto il Cellole fin lì, sia per le sensazioni che abbiamo avuto durante il riscaldamento. Il primo set è andato malissimo, soprattutto in ricezione, per buona parte per colpa mia, anche per questo penso di non aver fatto una buona partita. In generale comunque dall’altro lato non avevano una grande tecnica di attacco, per cui i valori poi sono emersi. Mentre invece ci sono state buone alzate, sia da parte degli specialisti, Dario (Sgueglia) e Piero, sia da parte mia”.
Comunque quattro vittorie su quattro mi sembra un inizio di stagione di tutto rispetto per il CUS, o sbaglio?
“Sì, quattro su quattro è un ottimo score. Per ora questa esperienza sta andando molto bene. Mi trovo a mio agio sia con i compagni che con mister Di Caprio. Di sicuro c’è ancora tanto da migliorare, soprattutto sotto il profilo mentale, perché tendiamo a deprimerci dopo i primi errori. Anche se c’è da dire che da questo punto di vista quattro partite sono ancora poche: la squadra è molto giovane. Finora la migliore prestazione, per me, l’abbiamo esibita ad Aversa. Speriamo di ripeterci presto quel livello di gioco. Deve essere questo l’obiettivo da perseguire in ogni partita”.
Raccontami un po’ della funzione del libero, un ruolo che certo non è sotto i riflettori ma che in realtà ricopre un’importanza non da poco.
“Questo è un buon punto su cui soffermarsi, e ti confesso che spesso mi ci soffermo anch’io. E’ vero, non è un ruolo in cui puoi apparire in maniera esaltante come accade ad esempio per un opposto, uno schiacciatore o anche un palleggiatore; però credo che si tratti di uno dei ruoli più difficili, perché in un certo senso devi caricarti sulle spalle l’intera squadra, soprattutto in ricezione in difesa. Inoltre quasi sempre la costruzione del punto parte proprio dalla ricezione del libero, per cui è un ruolo a metà tra la difesa e l’inizio di una nuova azione. Nonostante questo, è un ruolo un po’ trascurato. Difficilmente lo spettatore si sofferma sulla tecnica e i fondamentali del libero, e questo accade anche ai livelli più alti, in Serie A. Peraltro è molto difficile che un libero possa prendere l’mvp in una partita. A fare testo sono sempre i punti realizzati attraverso schiacciate o muri. Però va detto che un aspetto molto importante appannaggio del libero è quello di demoralizzare gli avversari”.
In che senso?
“Nel senso che una buona e costante ricezione può frustrare gli attaccanti avversari che, non vedendo premiati i loro sforzi, non vedendo la palla a terra, possono innervosirsi e commettere poi errori”.
La definizione del ruolo non sembra contraddire quelle che poi sono le funzioni svolte, visto che al “libero” sono negati diversi aspetti del gioco? Insomma, libero fino a un certo punto…
“Sì, è così. Non può battere, non può essere il capitano, è costretto ad uscire costantemente nel gioco delle rotazioni, paradossalmente è molto meno libero di quanto non dica il ruolo. Però devo dire che ora come ora una squadra senza libero parte svantaggiata. Proprio per le peculiarità del ruolo, avere una mano dietro è fondamentale. Anche perché, con un’ottima difesa, si può essere competitivi anche se si è carenti in attacco. Anzi, a mio avviso le squadre più vincenti sono proprio quelle caratterizzate da un’ottima organizzazione difensiva, perché responsabili di quella depressione cui accennavo prima”.
Tu hai appena vent’anni, però questo è il tuo ottavo campionato…
“Io gioco da diversi anni, da quando frequentavo la terza media. Mi fu proposto dai miei compagni di andare in una palestra a Grazzanise, mia città di residenza, e da lì cominciai l’avventura nel volle. Passai tre anni lì. Dopodiché mi fu proposto di andare a giocare alla Gran Volley Capua, dove iniziai i veri anni di pallavolo agonistico, in Prima Divisione, e chiudemmo il campionato a metà classifica. Ci divertimmo molto, fu l’anno in cui mi divertii di più: eravamo tutti giovani e nessuno di noi aveva esperienza. Il secondo anno, sempre con Capua, riuscimmo ad approdare in Serie D. Nello stesso momento presi parte alla selezione Under 19, dove vincemmo il campionato e arrivammo alle Final Four perdendo in semifinale, ma si trattò di un’esperienza fantastica. In quello stesso anno la Gran Volley vinse la Serie D e arrivò in C, e feci anche qualche presenza. Poi sono passato al Gladiatore in D e infine sono approdato al CUS Caserta”.
Com’è il tuo rapporto con Gianluigi Bencivenga, l’altro libero della squadra?
“Il rapporto con Gigi è più che amichevole. Già ci conoscevamo da prima di quest’anno. Abbiamo condiviso alcune esperienze di beach volley in estate. E’ un ragazzo molto divertente e simpatico. Forse a volte troppo frenetico, anche in campo. Però ci aiutiamo a vicenda. Non posso dire di avere chissà quanta esperienza in più di lui, però certamente se posso trasmettergli qualcosa per favorirne la crescita lo faccio volentieri. Inoltre mi fa piacere anche quando riesce a guadagnarsi la fiducia del mister e a entrare al posto mio, dando il suo contributo alla squadra. Un giorno mi farebbe piacere vederlo misurarsi anche a un livello più alto”.
Caratterialmente siete molto diversi, o almeno così sembra a vedervi da fuori.
“Sì, diciamo che quello che lui ha e che manca a me, è il fatto di essere molto attivo sia con la squadra ma anche con le reazioni in campo. E’ più energico del sottoscritto, o comunque lo dimostra molto di più. E’ esuberante sia in campo sia fuori. Incarna le caratteristiche che in genere si trovano in tutti i liberi”.
Tu sei un appassionato di pallavolo a tutto tondo: non ti limiti a giocarci, la segui anche.
“Sì, seguo la pallavolo, mi piace. Sono un tifoso di Perugia, non un fanatico, anche perché in quella squadra ci gioca il mio giocatore preferito, Luciano De Cecco, uno dei migliori palleggiatori al mondo, titolare tra l’altro della nazionale argentina, con cui ho avuto anche la fortuna di farmi una foto in occasione di una sfida tra Latina e Perugia nell’anno dello scudetto dei perugini (2017, ndr)”.
C’è un motivo in particolare dietro la scelta del numero 3?
“In realtà il mio primo numero in assoluto è stato 10. Dopodiché da lì in poi mi fu affibbiato il 2, un numero che mi piaceva e che ho usato per diversi anni. Da questa stagione ho scelto il 3. L’ho scelto perché si può dire che è il mio numero fortunato, simboleggia diverse cose, come la Trinità nella Divina Commedia, il Tutto, il Numero Perfetto e così via, oltre al fatto chè è presente anche nella mia data di nascita (3 agosto)”.
intervista a cura di Luigi Fattore
Segreteria CUS Caserta